Oltre quella siepe io non vedo niente…

La canzone   scritta qualche anno fa dal titolo “A Leopardi”, presente solo nella versione testuale  su questo blog,  nonostante il riferimento esplicito e la dedica diretta al poeta di Recanati, in realtà trae origine da una  personale esperienza, che precedeva in genere le esibizioni con il gruppo musicale di cui facevo parte.

Ricordo che, dopo aver contribuito all’allestimento del palco ,  quando era possibile, cercavo un posto ove appartarmi, lontano dalla gente. Solitamente si trattava di prati, campi o lievi alture, adiacenti  o poco distanti dal luogo dove si sarebbe svolto l’evento musicale.

In questi luoghi il mio spirito si nutriva di sentimenti positivi nel contemplare gli spazi infiniti che si offrivano alla vista ,  e  si diffondeva in canti di lode nei confronti di Dio, autore di quelle meraviglie .

Erano momenti indispensabili, che mi caricavano interiormente e mi permettevano di   affrontare  il pubblico con più determinazione  e miglior disposizione d’animo.

Rappresentavano anche lo spazio in cui mi soffermavo a riflettere su quanto fatto in precedenza  e sulle future prospettive.

A partire da questa frequente esperienza poi,  la mia mente è ritornata al ricordo della poesia di Leopardi, studiata negli anni della fanciullezza, e ha osato rileggere nelle righe dell’opera leopardiana una comunanza di sentimenti con l’autore, immaginando la scena che ne aveva ispirato la stesura.

Ma chi di noi non rammenta le parole della poesia “L’infinito” e non ha, almeno una volta nella vita, avvertito  in se i fremiti suscitati da questi versi intramontabili,  così intimi alla vicenda umana?

Mi piacerebbe cari amici,  scambiare con voi qualche impressione ed avere qualche contributo  su questo tema. Son convinto che scavando nei vostri ricordi, riuscirete a far emergere le emozioni provate e i pensieri che in voi ha suscitato la lettura dell’Infinito di Leopardi.